venerdì 30 maggio 2014

Venerdì coin-op VII

E finalmente ritorna il Venerdì coin-op, la rubrica che parla dei cari, vecchi e quasi dimenticati cabinati delle sale giochi e/o bar. Di quelle macchinette mangia gettoni/lire/euro, che spopolavano negli anni 80 fino agli inizi del 2000. Bene, caliamoci a capofitto in questa settima puntata, perché oggi si parlerà di un gioco talmente avanti, che tutt'ora oggi la sua meccanica risulta perfetta. Sto parlando di:


Ideato nel 1978 da  Toshihiro Nishikado e prodotto dalla Taito, Space Invaders è un classico del genere "sparatutto a schermata fissa" o fixed shooters. Scopo del gico è usare il nostro cannone laser (non fate allusioni, grazie) e correre lungo l'asse orrizontale dello schermo, facendo fuoco sulle orde di astronavi aliene che sempre più velocemente cercherrano di abbattere i nostri scudi e "invaderci".

Se colpite le "atronavi del mistero" mentre passano, riceverete dei punti bonus.
Inizialmente il gioco era monocromatico, fù la Midway Games (la stessa di Mortal Kombat per intenderci) che presi i diritti americani del gioco, mise sullo schermo del cabinato delle pellicole verdi e arancioni per simulare il colore. Geniali.

Monocromo.
Finto monocromo.
Sempre del cabinato, è curioso il fatto che su di esso siano raffigurate delle creature aliene non presenti nel gioco. Il motivo non è chiaro, ma si dice che sia per il fatto che il disegnatore della grafica del cabinato avesse preso ispirazione solamente dal titolo originale del gioco, cioè: Space Monsters.

Effettivamente non c'entra un ficus.
Un'altra curiosità su Space Invaders è come grazie a lui, in Giappone sparirono le monetine da 100 Yen e il governo dovette più che moltiplicare l'emissione di monete. Ebbe un tale successo che molti negozianti cambiarono le loro attività e le trasformarono in sale giochi; nel giro di pochi anni Space Invaders generò un fatturato di oltre 500 milioni di dollari. Sossoldi.


Inutile dire quanti cloni e quanti seguiti abbia avuto, come è inutile parlare di tutto il merchandising prodotto, delle mille citazioni e riferimenti fatti in film, telefilm e cartoni animati. Nessuno quindi può dirsi impreparato a un'invasione aliena, dopo tutte le partite fatte a Space Invaders, come minimo gli spacchiamo il chiulo, gli spacchiamo.


giovedì 29 maggio 2014

BLACK WOLF [capitolo 1] - prima parte

ATTENZIONE!

Quello che andrete a leggere è il primo capitolo di un racconto che sto scrivendo, tutto ciò che leggerete è frutto della mia mente e ogni coincidenza con nomi e avvenimenti realmente accaduti è pura casualità; non intendo offendere la sensibilità altrui e invito alla lettura il solo pubblico maturo. Vi chiedo inoltre, di non appropriarvi o divulgare questo racconto, poiché non è assolutamente a scopo di lucro ma solo per puro divertimento personale. Buona lettura.

 BLACK WOLF 
[Capitolo 1]

 Un lupo nel gregge 
(prima parte) 

Sale lungo la scalinata di marmo più velocemente possibile, ha il fiato corto e le gambe tozze; lo sa bene che il suo inseguitore l'ha quasi raggiunto e che per lui non c'è speranza. Per poco non inciampa nell'ultimo gradino, si  lascia scappare un verso simile ad un grugnito, entra di corsa nella prima stanza che trova. Cerca di chiudersi dentro a chiave ma la porta si spalanca prima che lui abbia il tempo di reagire, «Por favor no disparar». L'uomo è con le spalle al muro, immobile, terrorizzato. Il suo assalitore gli tiene puntata una pistola a meno di un metro di distanza, non dice nulla, si limita a guardarlo negli occhi.

«¿Quién fue a mandarti aquí? Es Cobaldo Martinez?» dice quasi tra le lacrime. Non vuole morire, si sente impotente senza i suoi uomini a proteggerlo. Rimane in silenzio aspettando di essere ucciso, chiude forte gli occhi e maledice chiunque sia stato a mandare quel sicario, ma la cosa che più lo tormenta è il fatto di non aver potuto per l'ultima volta salutare sua madre. Passa qualche secondo e non è ancora successo nulla, Pablo riapre lentamente gli occhi e osserva tremando l'uomo che ha di fronte. Alto e sulla quarantina, calvo, porta un paio di occhiali con le lenti a specchio, folti baffi gli coprono il labbro superiore dandogli un'espressione cupa e seriosa. Il braccio sinistro puntato verso la testa di Pablo, nella mano la pistola con silenziatore. Nessuno dei due si muove, come se il tempo si fosse congelato. Poi si sente vibrare un telefono; sempre tenendolo sotto tiro, l'uomo prende dalla tasca della giacca uno di quei telefoni prepagati, senza distogliere lo sguardo schiaccia il tasto del vivavoce. «Mi senti, brutto figlio di puttana? Mi riconosci?». Pablo sbianca, è la voce di Joe Kooper, il suo ex-socio in affari.

«Dillo coraggio, dillo che sei stato tu!». La voce di Kooper echeggia nella stanza come un terremoto.
Pablo piange e continua a ripetere di non saperne nulla, l'uomo armato osserva impassibile la scena.
«Joe, ti ho detto che non soy stato io. Te lo giuro su mi madre».
«Pablo, amico mio. Ho passato gli ultimi cinque anni a cercarti e voglio solo una cosa da te. La verità».
In quelle parole, Pablo vede uno spiraglio di luce, una possibilità per cavarsela. Si asciuga con una manica della camicia il viso e prende coraggio: «Joe, t-tu me conoces da tanti años, y-yo no soy e-escapado da Phoenix, no he sido yo a revocar te a la policía. ¡Te lo juro sobre la cabeza de mi madre!».

Il messicano parla veloce, sputacchiando tra una parola e l'altra per il troppo nervoso, cerca in tutti i modi di salvarsi la pelle. Tenta di sembrare convincente e disperato anche difronte all'evidenza della sua colpevolezza; in pochi attimi il suo cervello è in cerca di nomi e fatti che possano scagionarlo, pensa al cugino Antonio, all'amico Gustavo e allo zio di San Pedro, ma nessuno gli può fornire un alibi. Nessuno. «Pablo Ramìrez Hernàndez, mi prendi forse per idiota? Chi credi che mi abbia detto dove trovarti, la fatina dei dentini? No, brutto pezzo di merda di un messicano del cazzo. Sai chi è stato? Vuoi proprio saperlo?». Kooper, dall'altro lato del cellulare, si lascia scappare una risata isterica che rimbomba tra le pareti della stanza dove si trovano Pablo e il misterioso sicario. Il messicano si appiattisce contro il muro alle sue spalle attendendo la risposta tra le lacrime. Guarda il cellulare nella mano del killer, poi rivolge lo sguardo alla pistola puntata contro la sua testa :«D-d-dime q-q-quien ha sido, Joe. ¡ dime el nombre de quién me ha condenado!» Urla disperatamente con tutta la voce che ha in corpo. Il volto paonazzo e le mani strette a pugno lungo i fianchi. Non è pronto per morire. Non è pronto per la risposta.

«È stata tua madre».

Un suono ovattato, Pablo viene scosso da un brivido. Si porta una mano sulla faccia e con l'indice passa attorno al foro che ora c'è al posto del suo occhio sinistro. «Mamà...» Bagna i pantaloni. Scivola lentamente lungo il muro lasciando una scia di sangue. «Ottimo lavoro Wolf, hai appena ricevuto la seconda metà del tuo compenso. Spero ch...» La telefonata si interrompe. Il killer spezza in due il cellulare e lo mette nello zaino nero che porta sulle spalle: è tempo di ripulire la casa. Tira fuori dalla tasca un secondo telefono prepagato, digita un numero a quattro cifre, sente partire una fastidiosa musichetta e poi la voce registrata di un disco. «Una pizza con peperoni e una coca light» Dice con tono tranquillo e pacato, il disco finisce e dall'altro capo un suono simile a quello di un vecchio modem interrompe la telefonata. Da quel momento ha solo cinque minuti per ripulire la casa da eventuali impronte e andarsene.

Ha ucciso dodici uomini e due prostitute fatte di chissà quale droga, un piccolo commerciante di schiavi messicano di nome Pablo Álvaro Ramìrez Hernàndez, avvelenato quattro cani da guardia e distrutto ogni prova che lo possa collegare alla strage. Eppure ha sempre paura di aver dimenticato qualcosa, un po' come quando si crede di aver lasciato il gas accesso in casa, solo che lui sa bene di non potersi permettere nessun errore, quindi decide di fare un'ultima ispezione per casa prima dell'arrivo della "pizza". Controlla ovunque, ogni corpo, ogni singolo dettaglio di ogni uccisione. Rivive ogni momento con fredda lucidità e calcolatezza.
Ripercorre i suoi passi all'interno della villa di Pablo e riconta le vittime, si assicura che nessuno di loro respiri ancora, non possono esserci testimoni. Poi un'illuminazione, il pomello della porta del bagno. Corre per le scale stando attento a non toccare nulla, si fionda davanti alla porta del bagno dove poco prima ha posto fine alla vita di Pablo e osserva il pomello. Niente impronte. Bene. Nonostante usi sempre i guanti, ha il terrore di lasciarsi dietro qualche impronta. Il cellulare nella tasca dei pantaloni vibra. È arrivata la "pizza".

Due ore dopo, da un piccolo albergo di Taxco, esce un uomo sulla quarantina, capelli castani e la faccia pulita. Indossa abiti eleganti e si trascina per la via un piccolo trolley da viaggio con fantasia floreale, è come al solito in ritardo e rischia di perdere l'aereo. Ferma il primo taxi che trova e con uno spagnolo molto scarso chiede all'autista di portarlo all'aeroporto Juarez International, Città del Messico. Arrivato a destinazione imprecando per la lentezza del taxi e disperato per la perdita del volo, scopre con sollievo che l'aereo diretto a Salt Lake city ha avuto un ritardo e che dovrà aspettare almeno tre ore prima di poter partire. Il signor Samuel Summer è l'unico passeggero contento della notizia, avrà così tutto il tempo per sistemare le ultime cose e poter crearsi una storia convincente per la moglie. Senza dimenticare un regalo per la piccola Heather. Mentre è seduto al terminal, osserva la miriade di persone che lo circondano, tutte impegnate nelle loro vite incuranti di ciò che le circonda. Lui si sente a suo agio in mezzo alla folla, si sente sicuro. Perché nessuno si accorgerebbe di lui, un uomo come tanti, senza nulla di speciale. Si aggiusta il parrucchino dietro le orecchie e si tocca il labbro superiore, gli piacevano i baffi. Tra tutta quella gente lui appare come un puntino invisibile, mentre in verità è una bestia famelica. Lui è un lupo nel gregge.

mercoledì 28 maggio 2014

Tutta la linea LEGO Pirates (parte III)

Eccoci nuovamente qui per la terza (e non ultima) parte del listone Lego Pirates, dove questa volta inizieremo a vedere chi si metteva contro i pirati. Partiremo dal lontano 1989 fino ad arrivare al 1995, quindi pronti che si riparte per il grande mare dei mattoncini Lego.

Imperial Soldiers
1989

 6274
Caribbean Clipper
(Governor's Ship "Sea Hawk")
6276
Eldorado Fortress
 (Governor's Fort Sabre)

1990

6245
Harbor Sentry
(Governor Broadside's Boat)
6265
Sabre Island 
(Governors Bastion)

1991

6259
Broadside's Brig 
(Governor Broadsides Prison)

6267
Lagoon Lock-Up 
(Soldiers Tavern)

 1992

6247
 Bounty Boat (Admirals Launch)


   6271
 Imperial Flagship
(HMS Sea Lion)

6277
Imperial Trading Post
(Port Royal)

1993

  6266
Cannon Cove
(The Black Reef Bastion)

  
1994

1795
 Imperial Cannon

Non ho trovato di meglio.
1872
Soldiers Forge 

 1995


6263
Imperial Outpost 
(Bastion)

E arrivati al 1995 ci fermiamo; abbiamo visto i set dedicati ai soldati imperiali e prossimamente (cioè prima o poi, forse) vedremo insieme i rimanenti Imperial Armada e i selvaggi Islanders.

Tutta la linea Lego Pirates: parte Iparte II

martedì 27 maggio 2014

Impara la mitologia con Hercules



Io credo che questo telefilm abbia cresciuto l'intera generazione degli anni 90. Dal 1995 al 1999 (da noi dal '96 al 2001) per un totale di 111 episodi divisi in 6 stagioni, Hercules ci ha insegnato che nell'Antica Grecia la vita era davvero dura. Ogni giorno se non ti attaccavano i barbari, c'era un qualche mostro mitologico che voleva banchettare con la tua famiglia, oppure la collera di qualche divinità si abbatteva sulla tua casa e/o città. Tipo come da noi quando aumentano l'IVA e tutto diventa più caro, solo che le vecchie divinità si accontentavano del sacrificio di due pecore e magari uno dei figli; ora invece non gli bastano mai i sacrifici e ti portano via tutto lasciandoti in mutande. Quando va bene.

"Vota Antonio, vota Antonio, vota Antonio, vota Antonio..."
 
Prodotta tra gli altri da Sam Raimi, la serie narrava come da titolo le avventure dell'eroe greco Hercules, qui interpretato dall'attore statunitense Kevin Sorbo. Nonostante dovesse essere ambientato nell'Antica Grecia (intorno al 500 A.C.) la serie presenta diversi anacronismi, come ad esempio l'utilizzo dei pantaloni.

"Pantaloni, pantaloni ovunque".
La serie è stata preceduta da 5 film per TV, con lo scopo di promuovere la futura serie, essi sono: Hercules e le donne amazzoni (Hercules and the Amazon Women), Hercules e il regno perduto (Hercules and the Lost Kingdom), Hercules e il cerchio di fuoco (Hercules and the Circle of Fire), Hercules nel regno dei morti (Hercules in the Underworld) e Hercules nel labirinto del Minotauro (Hercules in the Maze of the Minotaur). In Italia vennero trasmessi spalmati in più puntate come se fossero episodi normali.

Ci credo che il Minotauro è sempre incazzato, con le corna che si ritrova...
A fare da spalla al nostro Hercules c'era il prode Iolao, interpretato dall'attore neozelandese Michael Hurst.

Ieri...
...e oggi. Ah, è quello con gli occhiali. Giusto per precisare.
La serie ebbe un successo esorbitante e divenne una delle più seguite in America, dando il via alla Herculesmania in tutto il mondo civilizzato e non. Mi ricordo di tutti i Gadget che all'epoca mi giravano per casa, ma soprattutto: LA LINEA DI GIOCATTOLI!






Ce li avevo quasi tutti i pupazzotti, quanti ricordi. Mannaggia come passa il tempo.




Che macello che facevo con la spada...
Ma oltre ai mostri, c'erano pure gli Dei dell'Olimpo che volevano rompere le uova al povero Hercules; a partire dalla matrigna Giunone, interpretata da Meg Foster, che alleata del compianto attore Kevin Tod Smith nei panni di Marte, cercava in tutti i modi di distruggere Hercules per farla pagare al marito cornificatore Giove (interpretato tra gli altri dal mitico Anthony Quinn). Sì perché se non lo sapeste, Hercules è figlio di un tradimento condotto da Giove con una donna mortale (il bastardo addirittura si trasformò nel marito della donna che, partito per vendicare la morte del fratello, lasciò a casa la moglie. Giove quindi mise incinta la mortale e nacque Hercules. Fine della lezione di storia) perciò l'eroe è un semidio e questo è il motivo della sua forza sovrumana. Ma non tutti gli Dei gli sono contro e potrà contare sull'aiuto di Venere, la bellissima Alexandra Tydings, patata di un certo livello che aiuterà il nostro eroe sporadicamente.

Mammamia.

Ancora in ottimo stato.
Ma lo so cosa state aspettando, devo ancora parlare di lei, la principessa guerriera. La campionessa di salto volante con avvitamento e urlo di battaglia incorporato più famosa del mondo. Be', non lo farò.

Che per lei ci vuole un post apposito.

lunedì 26 maggio 2014

Due parole su...[il ritorno]

Ed eccoci qui, a grande richiesta (di nessuno) il ritorno della rubrica più tristemente scema di tutto il world wide web. 

Bentornati a: DUE PAROLE SU...

Robin
Diversamente Etero.

Diluvio universale
Due gocce.

 Hey listen!

Hey listen!

 Hey listen!

 Hey listen!

 Hey listen!

 Navi 
Hey listen!
 
Link
Mo' basta!
Caramelle di Lupo Alberto
Una droga.
Nokia 3310
L'ultimo immortale.
Cosplayer
Tanta roba.
Troppa roba.


La tristissima puntata precedente la potete trovare qui.